martedì 22 agosto 2017

L'AMORE SUI SOCIAL? I DIPLOMATI SEDUCONO PIU' DEI LAUREATI.

Forse ti senti molto social, magari sei a caccia di like, punteggi ironicamente i tuoi messaggi e i tuoi dialoghi con hashtag, passi molta parte della tua giornata a uozzappare o instagrammare. Oppure fai altro ma ugualmente ti confronti in ogni momento con persone che mantengono ed espandono di continuo la propria rete sociale, device elettronici alla mano, attraverso ambienti virtuali sempre più complessi e sofisticati che si nutrono di relazioni reali e a loro volta le facilitano. I social network sono ovunque: sui mezzi pubblici, nelle auto private, a casa, in ufficio, a scuola, al ristorante, al parco, a letto, in bagno, per strada. Raccontano attraverso le nostre parole e le nostre foto ciò che rimane delle nostre vite al di là del tempo che impieghiamo per narrarci e per accedere alle altrui narrative. Rendono – o pretendono di rendere – anomalo il normale, interessante il banale, originale il comune. E allo stesso tempo permettono e promettono un antidoto definitivo alla percezione di solitudine, talvolta peggiorando le realtà di solitudine.

Noi umani vivi amiamo incontrarci in tanti su affollatissime spiagge di pixel, dove migliaia e migliaia di nostri simili si cercano, si ingaggiano, si confrontano. E le nostre emozioni, in quanto strumenti di adattamento del nostro sistema-persona all’ambiente circostante, hanno ormai imparato ad adeguarsi anche a questa relazionalità digitale. Perciò i gelosi si incupiscono passando allo scanner i movimenti del partner sui social, gli ansiosi tremano a ogni variazione della propria o dell’altrui rete sociale, i pettegoli si riempiono gli occhi delle foto e degli eventi di amici, conoscenti e vip. E c’è chi litiga, chi si vendica, chi si innamora, chi si lascia attraverso queste piattaforme, veri propri prolungamenti sintetici del nostro modo di interfacciarci con gli altri.

Il nostro campione  
Nell’epoca di Tinder, Happn, Lovoo e mille altre app per incontri, come e di chi ci si innamora on line? Chi si desidera? Chi si cerca? Una persona ideale, una persona reale, una via di mezzo? E quali segreti potrebbero raccontare i nostri monitor e i nostri display se sapessero parlare? Il centro psicologico Psymind e La Stampa hanno lanciato nel mese di febbraio un sondaggio per indagare e comprendere meglio come funzionano le relazioni d’amore, amicizia e sesso on line. Sono stati raccolti 536 questionari, compilati da internauti di ambo i sessi, tra i 18 e i 70 anni, connessi da tutt’Italia. I risultati sono stati analizzati per ottenere rilievi statisticamente significativi in relazione a genere, orientamento sessuale, età, istruzione e zona geografica.

Uno su dieci trova online dieci partner  
Secondo gli esiti, più di 6 internauti su 10 hanno utilizzato un’app o un social network per cominciare una relazione di qualunque tipo: i maschi più delle femmine, gli omosessuali quasi in misura doppia rispetto agli etero, e tra i 18 e i 55 anni il fenomeno diminuisce progressivamente. In maggioranza si tratta di vere e proprie relazioni sentimentali, seguite da amicizie: 2 maschi su 5 e un quinto delle femmine ammettono però un’esclusivo interesse sessuale. Tra i 25 e i 40 anni diminuisce progressivamente il romanticismo e aumenta il desiderio di concludere rapidamente. E per i soggetti omosessuali il sesso vale doppio rispetto agli etero. Chi parla di amore dichiara in maggioranza di aver cominciato una storia on line, ma uno su tre ammette di averne provate tra due e cinque diverse, nel corso del tempo. Tra chi parla di sesso, invece, più del 5% ammette cinque-dieci avventure scaturite da internet, e il 10% ne indica addirittura più di dieci (tra i più disinibiti e conquistatori, i maschi sono tredici volte più frequenti delle femmine e la popolazione omosessuale trentatre volte più di quella eterosessuale).

I diplomati seducono più dei laureati  
All’incirca il 70% del campione usa gli ambienti on line per mantenere e gestire le relazioni in corso, segno che i nostri dialoghi quotidiani sono pienamente mediati da questi strumenti digitali, probabilmente ben più degli ormai antiquati contatti telefonici. Anche perché la distanza tra virtuale e reale tende a colmarsi nella stragrande maggioranza dei casi: tre persone su quattro hanno almeno una volta incontrato dal vivo gli interlocutori conosciuti on line, e questo avviene più facilmente nel Nord Italia e con l’abbassarsi dell’età. Nel 45% dei casi per i maschi è scaturita un’opportunità sessuale (contro il 34% delle femmine). Curiosità: il 41% dei diplomati è arrivato al contatto erotico, contro il 28% dei laureati. D’altronde i diplomati si innamorano anche di più, dopo aver incontrato una conoscenza maturata on line (44% contro il 32% dei laureati), e questo vale anche per i più giovani rispetto ai più anziani.

Avatar soddisfacenti e tradimenti virtuali  
Di sicuro quando cominciamo a chattare con qualcuno, anche se ne abbiamo scandagliato le immagini sui profili disponibili, dialoghiamo non con una persona reale, ma con una sorta di avatar che è disegnato in parte dalle parole che usa, in parte da ciò che desideriamo, in parte da come la nostra immaginazione mette insieme i dati disponibili. E quando incontriamo davvero la persona, cosa succede? Sei soggetti su dieci si dichiarano soddisfatti dell’incontro, confermando le proprie aspettative (gli over 35 si accontentano molto di più rispetto agli under). Per non rischiare la delusione, comunque, più del 40% del campione dichiara di aver avuto esperienza anche di flirt gestiti esclusivamente on line e mai concretizzati: anche in questo caso si tratta di una prerogativa più maschile, più omo, più giovanile. Otto su dieci ritengono che costituisca un tradimento da parte del partner il fatto che abbia una relazione solo testuale con qualcuno. Solamente sette su dieci però ritengono anche se stessi fedifraghi nel fare la stessa cosa.

I profili contano più dell’aspetto
Se ci riferiamo agli aspetti più pruriginosi e piccanti delle storie maturate on line, una persona su due dichiara di aver inviato selfie hard a un partner. Poi però quando si tratta di rivelare cosa attrae di più nella persona che si vuole conoscere in rete, il 60% circa punta sul profilo complessivo, uno su cinque sull’originalità del dialogo e meno del 15% sui fattori fisici. Le donne sono molto più intellettuali (o meno sincere) degli uomini. Esiste però un 10% di maschi e un 2% di femmine che amaramente ammette di scegliere il proprio interlocutore soltanto per il fatto che ci sia qualcuno da cui ci si sente cercati.

Rischio, divertimento, unica chance  
Le femmine controllano l’attività del partner on line due volte più dei maschi e gli eterosessuali si fidano tre volte meno degli omosessuali (o sono meno rassegnati). Trovare un partner on line è considerato pericoloso da due soggetti su cinque (in maggioranza donne), mentre per uno su tre è divertente, e per uno su cinque è facile, rapido e misterioso. Per una piccola percentuale è anche l’unico modo ritenuto possibile per trovare un compagno di vita o di gioco: lo affermano il 5% degli under 25, e l’11% della componente omosessuale del campione.

Trovi l'articolo originale a questo link su La Stampa

sabato 5 novembre 2016

PSYMIND ADOTTA LA REALTA' VIRTUALE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D'ANSIA



Il centro Psymind ha incluso la Realtà Virtuale tra i propri trattamenti all’avanguardia per la cura di numerosi disturbi psichici. Il 2016 è stato un anno significativo per questo tipo di tecnologia, tanto che compagnie del calibro di Facebook, Apple, Google, Samsung, HTC hanno strategicamente focalizzato la propria attenzione su quella che gli esperti definiscono una rivoluzione a breve termine paragonabile alla nascita di internet. 

La realtà virtuale è una tecnologia validata da più di due decenni di ricerca psicologica che ne ha comprovato l’efficacia e la consistenza scientifica allo scopo di migliorare e velocizzare gli approcci terapeutici classici. Fino a poco tempo fa questo tipo di approccio era ristretto ai centri di ricerca e agli atenei internazionali più evoluti. Adesso la realtà virtuale è realtà psicoterapeutica reale anche nel nostro centro, grazie alla partnership con Psious, società catalana specializzata nello sviluppo di ambientazioni immersive, tridimensionali e mirate al lavoro psicoterapeutico.

La realtà virtuale offre evidenti benefici nel trattamento dei disturbi d’ansia. I nostri pazienti stanno già traendo vantaggio da questa tecnologia che permette loro di sfruttare al massimo il tempo della seduta e di misurare oggettivamente i propri progressi anche attraverso la rilevazione dei livelli di attivazione e disattivazione fisiologica con specifici sensori cutanei. Abbiamo percepito di recente un aumento di interesse verso la terapia delle fobie, che sono patologie molto diffuse e capaci di limitare fortemente la vita quotidiana di molte persone. La realtà virtuale  rende la cura di questi disturbi più facile e più rapida.

I disturbi d’ansia come agorafobia, claustrofobia, ansia generalizzata, colpiscono approssimativamente il 20% della popolazione e sono una delle principali cause di assenza dal lavoro. Questi disagi intaccano la qualità di vita e tendono a peggiorare e generalizzarsi se non trattati in tempi rapidi e con efficacia.

Come ci ha detto Anna, 44 anni, una paziente trattata con realtà virtuale abbinata a biofeedback, ipnosi e psicoterapia cognitivo-comportamentale: “Mi piacerebbe aver deciso prima di farmi curare: avevo un’assurda paura di volare e non volevo accettare la mia condizione. Ho evitato di salire su un aereo per quasi vent’anni, poi sono tornata a volare nel giro di poche settimane, grazie a una terapia ultramoderna, semplice, molto graduale e addirittura divertente. E senza farmaci”.

LA POLTRONA MASSAGGIANTE MIGLIORE AL MONDO

Poichè benessere non è semplicemente assenza di disturbi, nè puramente equilibrio, noi pensiamo che la felicità sia una fluida, continua, realistica e gentile ricerca di significati e piacere. Quando corpo e mente funzionano insieme in modo complementare e appagante, tutti stiamo meglio. Questo è il senso dell'abbinamento di una poltrona rivoluzionaria e avanguardistica a un centro psicoterapeutico ad alto contenuto tecnologico.

Dreamwave, poltrona nipponica sensibile,  ti permette di scegliere tra sei differenti massaggi della durata di 15 minuti:
  • corpo completo
  • corpo completo solo con cuscini ad aria
  • energizzante
  • rilassante
  • stretching
  • lombari-gambe
Tutti i tecnomassaggi possono essere di intensità normale o profonda e inoltre è disponibile un programma leggero per under 18 (autorizzati o accompagnati dai genitori).

Nel nostro centro puoi acquistare o regalare tre tipi di pacchetto rilassante:
  • singolo tecnomassaggio (15 euro)
  • tessera da cinque tecnomassaggi (50 euro)
  • tessera relax con 2 sedute di ipnosi, 2 di biofeedback e due tecnomassaggi (250 euro)

sabato 18 giugno 2016

LO STILE GENITORIALE INFLUENZA CONCRETAMENTE IL FUTURO DEI FIGLI

Molto spesso i  genitori di figli under 10 o under 20 con problemi comportamentali o disturbi emotivi più o meno radicati e gravi oscillano tra posizioni estreme nel correlare la propria genitorialità alla sofferenza della prole (che spesso è vissuta più come sofferenza dei genitori stessi): "è tutta colpa nostra", "non può sempre usare la scusa di come è stata la sua prima infanzia".

Indubbiamente i genitori, essendo il primo, necessario, obbligato contatto col mondo per qualunque bambino, ne costituiscono la prima, fondamentale interfaccia. Il mondo viene tradotto al bambino in termini di contatto, vicinanza, tempistica, espressioni, toni, modi. E il bambino si forma un modello preverbale dell'universo che tenderà a mantenere nel corso della vita, interpretando sè e gli altri secondo la naturale evoluzione di ciò che ha appreso attraverso lo stile di attaccamento iniziale e la qualità della risposta ricevuta ai suoi bisogni fondamentali.


Una nuova ricerca riafferma in questi giorni che i genitori supportivi, che non eccedono in lassismo né in severità influenzano positivamente il senso di sicurezza, l'attitudine positiva, la carriera accademica e quella lavorativa dei figli. Se semini bene oggi, avrai un prato fiorito domani.

Clicca qui per leggere la ricerca

SATANISTI ITALIANI: EGOISTI E FREDDI MA ANCHE EQUILIBRATI E NON VIOLENTI

Il 2016 è un anno particolare, per il satanismo internazionale. Cinquant’anni fa, infatti, in California Anton Szandor LaVey fondò la Chiesa di Satana e la sua Bibbia Satanica ne fu il testo portante. Oggi la Church of Satan esiste ancora, ha tanto di sito web, tutela l’anonimato e la riservatezza dei propri iscritti (tessera annuale a 200 dollari americani) e dal 2001 è guidata da Peter Gilmore, successore di LaVey (morto nel 1997), direttore del giornale The black flame e revisore della Bibbia Laveyana. Per gli adepti della Church, Satana non è tanto una divinità biblica cristiana quanto una sorta di esponenzializzazione del Sé, come a indicare che attraverso la gratificazione o il miglioramento personale ciascuno può aspirare laicamente a diventare dio di se stesso.

Il 6 giugno 2016 è stata una data suggestiva, in questo anno particolare (6-6-16). The Satanic Temple di Los Angeles, altro gruppo di culto di matrice satanico-gnostica che incoraggia formalmente «all’empatia e alla benevolenza» anche nel sito web del suo capitolo italiano, compie un rituale di presentazione della propria corrente nella città californiana di Lancaster. Una sorta di marketing dal vivo in occasione di una data evocativa che richiama l’apocalittico 666. E in Italia, in un contesto formalmente osservante in cui essere cattolico è «normale», cosa succede?

Un ritratto italiano  
A più di vent’anni dall’ultimo censimento ministeriale dei gruppi di culto, e con oltre otto milioni di pellegrini giunti a Roma per il Giubileo nei primi sei mesi dall’apertura della Porta Santa di San Pietro, chi è il satanista-tipo in questo paese? Un soggetto deviante, reietto, burlone, rivoluzionario, devoto, libero o cos’altro? Non esistendo dati precisi e attuali che ci permettano di sapere quanti siano, in cosa credano e cosa facciano di preciso i seguaci nostrani di Satana, abbiamo pensato di comporne un ritratto personologico formando un campione statisticamente rappresentativo di questa nicchia della popolazione e rifuggendo a priori ogni tipo di etichetta e di pregiudizio.

Come formare il campione  
Ci siamo avvalsi della collaborazione di Usi, (Unione satanisti italiani) un progetto fondato nel 2010 dall’allora ventunenne Jennifer Crepuscolo. «Usi – spiega lei - si propone come un movimento libero volto a una vera e propria restaurazione del Culto di Satana, da noi visto come “il Dio gentile dell’anima” e non come il mostruoso diavolo biblico. Satana e le sue schiere non sono entità malvagie, bensì gli antichi Dei delle Origini, in seguito demonizzati dalle dottrine predominanti. Quello che proponiamo è un ideale non violento, che anzi per primo condanna ogni forma di devianza criminale e mette in guardia le persone da guru, truffatori e psicosette».

I satanisti si raccontano  
Sul sito dell’Usi è anche visionabile un clip-documentario in cui i satanisti ci mettono la faccia: dal liceale alla madre di famiglia, fino al padre che accetta la scelta del figlio minorenne e invita le famiglie al dialogo. USI ha un sito intorno al quale gravita un pubblico di 70mila persone, un Forum che conta 2623 partecipanti, un canale Youtube con 1875 iscritti, una pagina Facebook che catalizza l’attenzione di 5557 persone e un gruppo Facebook riservato a satanisti con 1910 membri. Da questo universo abbiamo estrapolato 79 satanisti praticanti, maschi e femmine, bilanciati per sesso e provenienza geografica, tra i 18 e i 60 anni. Abbiamo somministrato loro una lunga batteria di test scientificamente validati.

Gli strumenti e il metodo  
I questionari selezionati intendevano sondare la psiche dei soggetti scandagliando costrutti, caratteristiche e dimensioni differenti tra loro, allo scopo di ottenere una sorta di fotografia psicosociale del satanista medio. Così abbiamo utilizzato strumenti per valutare l’autostima (Basic-Se), il livello di preoccupazione personale (Pswq), la capacità di controllo emotivo (Ders), l’abilità nel connettersi emotivamente agli altri in maniera empatica (Bees), la qualità delle strategie di fronteggiamento delle difficoltà (Cope-Nvi), la percezione della responsabilità e della controllabilità degli eventi come interna o esterna (LOC), la valutazione della personalità sulla base di cinque macrofattori - energia, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale - e dieci sottodimensioni (BFQ). Raccolte le risposte dei partecipanti, le abbiamo analizzate raffrontandole ai dati normativi riferiti all’intera popolazione italiana, tenendo in considerazione solamente le differenze statisticamente significative, cioè quelle che hanno una probabilità inferiore all’uno per mille di essere ascritte al caso. Osservando quanto e in quali settori il campione si discostasse dalla norma, abbiamo suddiviso le differenze in lievi e notevoli.

La fotografia del satanista medio
Tra le variazioni lievi è possibile notare che il satanista italiano tende ad avere maggiore autostima rispetto alla norma, ad accettare meglio le proprie emozioni, essendone più consapevole, e a mostrare un atteggiamento più positivo, anche se risulta percorso da più preoccupazioni, una maggiore mancanza di fiducia nel prossimo, da cui tende a prendere le distanze e col quale non entra particolarmente volentieri in contatto. Per quanto riguarda le variazioni notevoli, la più paradossale è una forte tendenza alla concretezza, che porta il satanista a orientarsi verso soluzioni trascendentali molto meno di quanto tende a fare l’uomo comune. Inoltre è equilibrato nel ripartire le responsabilità tra se stesso e il resto del mondo, e a livello di personalità denota una maggiore apertura mentale (più culturale che esperienziale) e molta meno cordialità rispetto alla norma, ed è più coscienzioso-perseverante e più emotivamente stabile, sotto il punto di vista del controllo delle emozioni.

Senza eccessi esoterici  
In sintesi, il satanista italiano medio è un soggetto che si destreggia bene tra le proprie emozioni e nonostante una certa tendenza alla preoccupazione, complice anche la buona autostima, ha l’inclinazione a risolvere i problemi da solo e con atteggiamento pragmatico e positivo, senza eccessi esoterici e senza aspettare che qualcuno o qualcosa intervenga dall’esterno. Perseverante e controllato, tende a essere piuttosto egoista, indifferente e freddo nei confronti degli altri. La sua dimensione prediletta sembra essere quella individuale.

(nostra ricerca pubblicata il 6 giugno 2016 su laStampa.it)

venerdì 29 aprile 2016

SEI IN CRISI? E' UNO SPAZIO DI MAGGIORE CURIOSITÀ'


I momenti di crisi arrivano insieme ad altrettanti momenti di viva curiosità verso se stessi e verso il mondo. A dimostrarlo è una ricerca firmata da Oliver Robinson dell’Università di Greenwich e Jordan Litman dell’Institute for Human & Machine Cognition della Florida.
“Già in uno studio precedente – afferma Robinson – avevamo notato attraverso la somministrazione di interviste che è abbastanza comune, per chi vive una fase di difficoltà o instabilità emotiva, sperimentare anche un periodo di maggiore curiosità sulla propria identità e sull’ambiente circostante. In una successiva ricerca abbiamo voluto esplorare questa tendenza su un campione di più di 900 soggetti dai 20 anni in su”.
In effetti - definita la crisi come un periodo di almeno un anno, in cui i soggetti sperimentano labilità emotiva a volte percependo la situazione come insostenibile rispetto alle proprie abilità e risorse – i momenti di crisi capitano più frequentemente agli adulti di mezza età (24%), seguiti dai giovani (22%) e dai vecchi (14%). Nel caso dei 25enni e dei 50enni, la crisi è fortemente correlata a un aumento della curiosità.
“Si tratta di fasi della vita in cui aumentano incertezza e stress – dice Robinson – ma anche apertura a nuovi stimoli e a nuove idee, che possono portare a soluzioni creative e indurre un salto evolutivo”.

lunedì 12 ottobre 2015

EMOZIONI E RAZIONALITA' DOPO INSIDE OUT: PILLOLA AUDIO SU RMC

Le emozioni possono essere tenute a freno con la razionalità? Il film Inside Out ti ha fatto riflettere?
Alessandro Calderoni ne parla su RMC.
Ascolta qui l'estratto audio.