lunedì 12 ottobre 2015

EMOZIONI E RAZIONALITA' DOPO INSIDE OUT: PILLOLA AUDIO SU RMC

Le emozioni possono essere tenute a freno con la razionalità? Il film Inside Out ti ha fatto riflettere?
Alessandro Calderoni ne parla su RMC.
Ascolta qui l'estratto audio.

sabato 3 ottobre 2015

NASCE "QUI, ORA, DOMANI", ASSOCIAZIONE PER L'INNOVAZIONE TECNOLOGICA IN PSICOLOGIA.

Nel mese di settembre 2015 ha visto la luce "Qui, Ora, Domani", un'associazione culturale senza scopo di lucro dedicata all'innovazione in campo psicologico e psicoterapeutico.
Il presidente Alessandro Calderoni, psicologo e ipnologo, si occupa di ricerca nell'ambito della psicologia digitale già dal 2008 e ritiene che "sia ormai necessario creare un dialogo attivo tra società e psicologia, per superare il costante processo di invecchiamento che colpisce ogni scuola di pensiero psicologica e psicoterapeutica all'atto del confronto tra protocolli, modi e setting fissi - da un lato - e quotidianità in continua mutazione dall'altro. L'era digitale ha accelerato la comunicazione tra individui e messo in contatto ambiti sociali prima distanti e incapaci di comunicare tra loro. Oggi tutti possono esprimersi su tutto, e spesso lo fanno senza alcun limite. La narrazione del mondo e di se stessi, le relazioni con i propri contenuti e con gli altri, la consapevolezza e la sua stessa assenza sono temi in rapido divenire. E la psicologia non può stare al palo".

Per queste ragioni, "Qui, Ora, Domani" si propone come scopi:

  • diffondere e aggiornare la cultura psicologica;
  • promuovere la “psicologia digitale” come campo di ricerca e di intervento per il benessere di individui e gruppi;
  • promuovere l’integrazione tra strumenti e tecniche psicologici e psicoterapeutici differenti nell’ottica evidence based del comprovato effetto sui destinatari del trattamento; 
  •  allargare gli orizzonti didattici e operativi di educatori, insegnanti, psicologi, psichiatri, psicoterapeuti,  e operatori sociali introducendo e migliorando l’utilizzo della tecnologia nei rispettivi campi applicativi;      
  •  ideare e gestire servizi innovativi di intervento psicologico.
 I due spunti di riflessione principali dell'associazione riguardano: 1) quali e quante tecnologie impiegare in psicoterapia/psicologia, e come; 2) lo studio e l'applicazione di un nuovo modello di psicoterapia diffusa, un sistema di aiuto liquido e permanente che instauri un tipo di relazione psicologo-paziente "connessa" cioè sempre on line, attiva, presente.

Attualmente l'associazione gestisce il servizio Zheng: un amico, un aiuto, il primo servizio italiano di ascolto e aiuto psicologico per adolescenti effettuato tramite Facebook, ideato in collaborazione con l'A.O. Fatebenefratelli di Milano sin dal 2010.


sabato 30 maggio 2015

SU RADIO 105, PILLOLE DI COMUNICAZIONE ISTANTANEA

Alessandro Calderoni, ospite di Maurizio Guagnetti e Gianluca Pellizzoni su Radio 105 in 105 Smartup parla di comunicazione pratica, efficace ed istantanea con una serie di pbrevi pillole informative.

Prima puntata.
Ciascuno di noi vive costantemente in un rapporto di scambio con gli altri umani con cui entra in relazione. Tutti siamo uno specchio per tutti, perciò gli altri reagiscono alla nostra faccia e al nostro corpo emettendo una reazione spontanea con la loro faccia e con il loro corpo a seconda delle emozioni che suscitiamo. Quindi per comunicare al meglio è strategico usare una faccia e un corpo che provochino emozioni gradevoli nei nostri interlocutori, in modo tale che loro reagiscano dandoci un feedback altrettanto piacevole che gratifichi anche noi di ritornoe ci motivi ad andare avanti con i modi corretti.
Ecco i suggerimenti pratici. 
  • lo sguardo rivolto allo sguardo dell'interlocutore in modo non fisso, per non diventare sfidante, bensì mobile tra occhi, fronte e bocca;
  • il volto rilassato, con un sorriso non forzato
  • busto rivolto alla persona cui si parla
  • spalle rilassate
  • possibilmente i palmi delle mani in vista, poichè aumentano il senso di affidabilità
  • postura stabile ed equilibrata, a 45° rispetto all'interlocutore, non esattamented i fronte a lui, se non lo conosciamo, per evitare che si senta braccato.
Ascolta questo intervento in onda su 105.

domenica 24 maggio 2015

IL RESPIRO: LA TUA PRATICA FONDAMENTALE



Alcuni teorici della consapevolezza definiscono il respiro come “un bacio intimo dato al momento presente”.
In realtà è molto di più. E’ soprattutto il metodo naturale e perfettamente biologico con cui sei in grado di regolare la mente e il corpo e di calmare il nucleo reattivo del tuo cervello.
Fondamentalmente, la respirazione diaframmatica attiva il tuo sistema personale di rilassamento, una specie di impianto di aria condizionata del corpo e del cervello. In parole povere respirare con la pancia preserva il cervello dal surriscaldamento. 
Ecco, in tre semplici punti, quali sono i vantaggi di questo tipo di respirazione:
  1. Respirare con la pancia permette ai polmoni di spingere il diaframma
  2. Il diaframma si estroflette e a sua volta comprime la cavità addominale
  3. L’addome compresso genera a sua volta pressione gonfiando la parete molle anteriore e esercitando una sollecitazione sulla spina dorsale, posteriormente.
In questo modo viene premuto il più lungo dei nervi craniali, cioè il nervo vago, che scorre lungo il tronco encefalico e la colonna vertebrale. Quando è sottoposto a questo tipo di coinvolgimento, il nervo vago acquieta il corpo e attiva il sistema di rilassamento fisiologico, regolando il sistema nervoso parasimpatico in modo da aumentarne l’efficienza.

Quando il nervo vago viene sollecitato, lo scenario completo di ciò che accade è il seguente:
  1. Pressione sanguigna, frequenza cardiaca e respiratoria si abbassano
  2. Il sangue viene ripulito dal lattato che aumenta la sensazione di ansia
  3. Viene rilasciato il neurotrasmettitore serotonina (il 95% del quale è depositato nella zona ventrale e viscerale del corpo), che entra in circolo e si ritrova nel cervello in una trentina di secondi.

La letteratura scientifica mostra che sono sufficienti venti minuti di respirazione diaframmatica per attivare e ossigenare la parte più consapevole ed evoluta del tuo cervello, la corteccia prefrontale.  Respiri, quindi pensi. Meglio respiri, meglio pensi. E più tranquillo sei.

La respirazione diaframmatica ottimale ha una frequenza di sei episodi al minuto, dunque un respiro ogni dieci secondi. Poiché l’inspirazione attiva il sistema nervoso simpatico o eccitatorio e l’espirazione il parasimpatico o rilassante, conviene mantenere un ritmo costante con circa quattro secondi per inspirare e sei per espirare. Un altro buon ritmo, più lento, su cui puoi allenarti è di sette secondi per l’inspirazione e undici per l’espirazione.

Se ti alleni in “tempo di pace” anche solo con una decina di minuti al giorno, in “tempo di guerra” ti sarà facile adottare questa strategia per calmarti. In altre parole: abituati a respirare con la pancia quando sei tranquillo per poi riuscirci senza difficoltà e con maggiori vantaggi anche quando sei agitato o in ansia.

sabato 23 maggio 2015

LA MINDFULNESS FUNZIONA COME UNA PSICOTERAPIA, ECCO PERCHE’.

Che la meditazione di consapevolezza, ormai protocollata a livello internazionale come mindfulness, abbia vigorosi effetti clinici è un’evidenza consolidata da centinaia di ricerche internazionali. Una delle ultime pubblicazioni, risalente al febbraio 2015, mostra come i gruppi di mindfulness abbiano la medesima efficacia della terapia cognitivo-comportamentale individuale sui pazienti con disturbi d’ansia e dell’umore. Lo studio, su 215 soggetti, è del prof. Jan Sundquist della Lund University Svedese.

Si tratta però di capire esattamente perché la mindfulness sia così efficace, cioè come funziona precisamente all’interno del cervello. David Creswell della Carnegie Mellon University – noto per aver mostrato che la meditazione allevia lo stress, e riduce il senso di solitudine negli anziani – ha sviluppato recentemente un modello che descrive l’azione della pratica sulle vie dello stress, evidenziando i correlati biologici del training di mindfulness.

Quando un soggetto è sotto stress, l’attività cerebrale nella zona prefrontale della corteccia – deputata al controllo e alla pianificazione – diminuisce, mentre l’attività dell’amigdala, dell’ipotalamo e della corteccia cingolata anteriore – zone di attivazione rapida della risposta fisiologica d’allarme – aumenta. La pratica della mindfulness inverte questo pattern sotto stress, aumentando l’attività prefrontale che, a sua volta, è in grado di regolare e spegnere la risposta d’allarme. Riducendo l’esperienza individuale di stress, la meditazione può aiutare a regolare stabilmente la risposta fisiologica e quindi a ridurre il rischio e la gravità dei disturbi stress-correlati.

I VIDEOGAME SONO UN FATTORE DI RISCHIO PER L’ALZHEIMER?

Entro i 21 anni di età chi gioca con i videogame ha speso almeno 10mila ore davanti allo schermo: un training piuttosto intenso, se consideriamo l’attività videoludica sotto il punto di vista neuropsicologico. Gli effetti di questa attività così intensa e ripetuta cominciano a essere studiati soltanto in questi ultimi anni. Una ricerca recentemente pubblicata dai team  di Gregory West (Università di Montreal) e Véronique Bohbot  (McGill University) evidenzia che il cervello dei videogamers mostra una notevole efficienza in termini di attenzione visiva, ma anche che le strategie di orientamento e scelta dei medesimi soggetti sono dettate più dai centri dopaminergici di ricompensa, detti anche centri del piacere (nucleo caudato) e meno dal sistema di memoria spaziale “ufficiale” (ippocampo). Questo significa allo stesso tempo che chi videogioca molto e a lungo sollecita maggiormente le aree cerebrali connesse alle dipendenze e alla gratificazione immediata, mentre tende a usare meno l’ippocampo, risultanza associabile a un’ipotesi di aumento di rischio di disturbi neurologici come il morbo di Alzheimer. Sui centri del piacere si è già concentrata molta della ricerca attuale: è auspicio dei team coinvolti in questo studio che prossime pubblicazioni siano specificamente rivolte all’investigazione del ruolo dell’ippocampo.

WIRED RIPRENDE LA RICERCA PERSONOLOGICA SUL BDSM.

A questo link è possibile leggere l'articolo di Ayzad con l'intervista che approfondisce i risultati della ricerca invernale condotta nel mondo del BDSM e pubblicata in esclusiva per il Venerdì di Repubblica nel mese di febbraio.

mercoledì 4 marzo 2015

BDSM: LE SFUMATURE DI CHI GIOCA SADOMASO



Una studentessa ventunenne, semplice e inesperta, si innamora di un giovane uomo ricco, bello e potente che le fa scoprire una sessualità estrema basata sulla dominazione. Questa è, in sintesi, la trama del tanto discusso libro (e ora film) “Cinquanta sfumature di grigio”: una storia un po’ banale e molto voyeuristica a base di sesso kinky, cioè non convenzionale, annacquato da litri di romanticismo iperconvenzionale. La trilogia di sfumature ha venduto più di cento milioni di copie in trentasette paesi: cosa attrae così tanto delle gesta di Christian Grey e Anastasia Steele, i due protagonisti? Una sessualità che trasgredisce senza uscire dall’alveo della concezione tradizionalista di amore e famiglia. La scelta di sdoganare e rendere pop il BDSM (acronimo che sta per Bondage, Disciplina, Dominazione, Sottomissione, Sadismo e Masochismo) sembra una manovra perfetta per una società liquida - come direbbe il filosofo polacco Bauman - in cui le relazioni hanno forme poco durevoli e confini mutevoli. E’ una questione di accento storico: non più legàmi ma lègami, insomma.

Corde, fruste, gabbie, umiliazioni, torture consensuali: sono comportamenti di nicchia o fenomeni di massa, disturbi psichici o semplici giochi erotici? E chi apprezza queste pratiche? Chi sono e come funzionano, in altre parole, i cultori del BDSM attivi in Italia? Difficile dire con certezza quanti siano, innanzitutto: non esistono dati certi a disposizione ma gli esperti del settore stimano che si tratti di quattro milioni di individui, tra praticanti esclusivi e saltuari. La storia della psicologia risponde in modo diverso a quelle domande, a seconda dell’epoca, e passa dal considerare tutti i comportamenti sessuali non convenzionali come “malati”, al normalizzarli ampiamente. Nel 1886 Richard von Krafft-Ebing sistematizza le anomalie sessuali nel volume “Psychopatia sexualis” e introduce sadismo e masochismo. Nel 1905 Freud definisce perversioni gli atti sessuali che si concentrano su oggetti diversi dagli organi riproduttivi e, anche se negli anni ‘20 comincia a diffondersi il termine parafilia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo adotta soltanto nel 1980: prima, dal 1952, preferisce la dicitura deviazione sessuale. Oggi il DSM 5, l’ultima edizione del manuale diagnostico universalmente adottato in psichiatria, parla di disturbi parafilici, ne individua otto (voyeuristico, esibizionistico, frotteuristico, da masochismo sessuale, da sadismo sessuale, pedofilico, feticistico, da travestitismo) e indica come criteri per considerare gli agiti sessuali veri e propri disturbi la persistenza per almeno sei mesi del comportamento, il disagio o la compromissione del funzionamento in ambito sociale o lavorativo, l’eventuale ruolo non consenziente della controparte. Eppure da trent’anni è in corso, nella letteratura scientifica, una progressiva normalizzazione delle pratiche erotiche non convenzionali, giudicate come neosessualità fantasiosa e sana se priva di compulsioni (Mc Dougall, 1986), semplice variazione del menage di coppia (Gabbard, 1994), perversioni soft in alternativa alla routine (Pasini, 2009). Ricerche recenti affermano inoltre che i praticanti BDSM esperti hanno profonda fiducia e consapevolezza del corpo (Powell, 2011), ottengono risultati migliori della norma negli stress-test (Richters, 2008), sono meno sessisti (Simula, 2013), più estroversi e meno sensibili al rifiuto e all’abbandono (Wismejer, 2013).

Negli ultimi cinque mesi abbiamo condotto una ricerca sul campo, frequentando gli eventi e le serate BDSM milanesi, appuntamenti di solito mensili che attraggono cultori del genere da tutto il nord Italia. Per un bilanciamento geografico ci siamo introdotti nei gruppi di discussione on line, e nelle pagine tematiche su Facebook. Abbiamo dunque selezionato attraverso contatti diretti e individuali un campione di 120 reali praticanti, escludendo le persone solamente curiose o alla prima esperienza: 70 maschi e 50 femmine, dai 19 ai 65 anni. Il 41% di loro ha tra i 40 e i 50 anni; uno su tre è laureato; sette su dieci sono eterosessuali, il 29% è bisessuale, soltanto l’1% è esclusivamnte omosessuale; la maggioranza (40%) è composta da persone che partecipano alle pratiche nel ruolo di sottomessi o schiavi, seguono i dominanti o master/mistress (32%) e gli switch (28%), che assumono entrambi i ruoli a seconda della situazione o del partner. Il 46% pratica BDSM alla pari con una sessualità convenzionale, il 44% prevalentemente BDSM, il 6% in esclusiva, il restante 4% soltanto occasionalmente. A tutti abbiamo somministrato una batteria di test (Experiences in Close Relationships-Revised, Big Five Questionnaire e Millon Clinical Multiaxial Inventory - III) in grado di misurare  lo stile affettivo delle relazioni (secondo le dimensioni di ansia ed evitamento, che descrivono l’attaccamento), le caratteristiche di personalità (energia, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale) e gli eventuali quadri di interesse clinico presenti nel campione (sindromi cliniche e pattern di personalità patologica).

Per quel che concerne i costrutti riguardanti le relazioni, non ci sono differenze significative tra chi pratica BDSM e la popolazione generale in merito all’ansia da abbandono, mentre il livello di evitamento della vicinanza è notevolmente più elevato (+26%) ed è correlato al ruolo: i soggetti dominanti sono più evitanti dei sottomessi e degli switch. A livello di caratteristiche di personalità, i praticanti BDSM sono significativamente meno amichevoli della media della popolazione ma più aperti mentalmente (specie gli over 50) mentre hanno valori nella norma per energia, coscienziosità e stabilità emotiva. Osservando i sottocampioni, i soggetti dominanti risultano più stabili emotivamente rispetto agli altri, e le femmine meno amichevoli dei maschi. 

A livello clinico si rileva un pattern di personalità narcisistica significativamente superiore alla media della popolazione generale: quasi il 50% manifesta punteggi sopra soglia (di questi il 71% richiederebbe approfondimenti diagnostici). Si tratta in parole povere di individui che spesso manifestano arroganza, simulano impassibilità ma in realtà si sentono facilmente feriti, si ritengono oggetto d’ammirazione indiscriminata, hanno scarsa empatia e tendono a strumentalizzare gli altri. 

I ruoli di dominanza o sottomissione rivestiti durante la pratica BDSM non sono connessi alle analoghe tendenze patologiche di personalità: il punteggio del pattern masochistico rilevato dal test - descritto come un profilo deferente, castigato, esageratamente lamentoso - è significativamente inferiore alla media, e il pattern sadico-aggressivo – un soggetto brusco, sprezzante, rigido, ostile - è nella norma. Insomma chi fa sadomaso non risulta patologicamente né sado né maso. 

Infine gli indici relativi alle sindromi cliniche di ansia e distimia (tristezza) sono significativamente inferiori rispetto alla media. 

In sintesi si può affermare che chi pratica BDSM è un individuo meno ansioso e meno triste dell’uomo medio, non risulta particolarmente amichevole però è di larghe vedute e fortemente curioso, ha una personalità spiccatamente narcisistica, è a caccia di un’identità più integrata, necessita di attenzioni notevoli da parte degli altri pur dovendo mantenere emotivamente le distanze per evitare una sensazione di invasione o di ulteriore disgregazione. Tutto questo secondo infinite sfumature, non necessariamente di grigio, che vanno dal perfettamente sano al francamente patologico, lungo un continuum all’interno del quale ogni soggetto fa storia a sé.