Le emozioni possono essere tenute a freno con la razionalità? Il film Inside Out ti ha fatto riflettere?
Alessandro Calderoni ne parla su RMC.
Ascolta qui l'estratto audio.
lunedì 12 ottobre 2015
sabato 3 ottobre 2015
NASCE "QUI, ORA, DOMANI", ASSOCIAZIONE PER L'INNOVAZIONE TECNOLOGICA IN PSICOLOGIA.
Nel mese di settembre 2015 ha visto la luce "Qui, Ora, Domani", un'associazione culturale senza scopo di lucro dedicata all'innovazione in campo psicologico e psicoterapeutico.
Il presidente Alessandro Calderoni, psicologo e ipnologo, si occupa di ricerca nell'ambito della psicologia digitale già dal 2008 e ritiene che "sia ormai necessario creare un dialogo attivo tra società e psicologia, per superare il costante processo di invecchiamento che colpisce ogni scuola di pensiero psicologica e psicoterapeutica all'atto del confronto tra protocolli, modi e setting fissi - da un lato - e quotidianità in continua mutazione dall'altro. L'era digitale ha accelerato la comunicazione tra individui e messo in contatto ambiti sociali prima distanti e incapaci di comunicare tra loro. Oggi tutti possono esprimersi su tutto, e spesso lo fanno senza alcun limite. La narrazione del mondo e di se stessi, le relazioni con i propri contenuti e con gli altri, la consapevolezza e la sua stessa assenza sono temi in rapido divenire. E la psicologia non può stare al palo".
Attualmente l'associazione gestisce il servizio Zheng: un amico, un aiuto, il primo servizio italiano di ascolto e aiuto psicologico per adolescenti effettuato tramite Facebook, ideato in collaborazione con l'A.O. Fatebenefratelli di Milano sin dal 2010.
Il presidente Alessandro Calderoni, psicologo e ipnologo, si occupa di ricerca nell'ambito della psicologia digitale già dal 2008 e ritiene che "sia ormai necessario creare un dialogo attivo tra società e psicologia, per superare il costante processo di invecchiamento che colpisce ogni scuola di pensiero psicologica e psicoterapeutica all'atto del confronto tra protocolli, modi e setting fissi - da un lato - e quotidianità in continua mutazione dall'altro. L'era digitale ha accelerato la comunicazione tra individui e messo in contatto ambiti sociali prima distanti e incapaci di comunicare tra loro. Oggi tutti possono esprimersi su tutto, e spesso lo fanno senza alcun limite. La narrazione del mondo e di se stessi, le relazioni con i propri contenuti e con gli altri, la consapevolezza e la sua stessa assenza sono temi in rapido divenire. E la psicologia non può stare al palo".
Per queste ragioni, "Qui, Ora, Domani" si propone come scopi:
- diffondere e aggiornare la cultura psicologica;
- promuovere la “psicologia digitale” come campo di ricerca e di intervento per il benessere di individui e gruppi;
- promuovere l’integrazione tra strumenti e tecniche psicologici e psicoterapeutici differenti nell’ottica evidence based del comprovato effetto sui destinatari del trattamento;
- allargare gli orizzonti didattici e operativi di educatori, insegnanti, psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, e operatori sociali introducendo e migliorando l’utilizzo della tecnologia nei rispettivi campi applicativi;
- ideare e gestire servizi innovativi di intervento psicologico.
Attualmente l'associazione gestisce il servizio Zheng: un amico, un aiuto, il primo servizio italiano di ascolto e aiuto psicologico per adolescenti effettuato tramite Facebook, ideato in collaborazione con l'A.O. Fatebenefratelli di Milano sin dal 2010.
sabato 30 maggio 2015
SU RADIO 105, PILLOLE DI COMUNICAZIONE ISTANTANEA
Alessandro Calderoni, ospite di Maurizio Guagnetti e Gianluca Pellizzoni su Radio 105 in 105 Smartup parla di comunicazione pratica, efficace ed istantanea con una serie di pbrevi pillole informative.
Prima puntata.
Prima puntata.
Ciascuno di noi vive costantemente in un rapporto di scambio con gli altri umani con cui entra in relazione. Tutti siamo uno specchio per tutti, perciò gli altri reagiscono alla nostra faccia e al nostro corpo emettendo una reazione spontanea con la loro faccia e con il loro corpo a seconda delle emozioni che suscitiamo. Quindi per comunicare al meglio è strategico usare una faccia e un corpo che provochino emozioni gradevoli nei nostri interlocutori, in modo tale che loro reagiscano dandoci un feedback altrettanto piacevole che gratifichi anche noi di ritornoe ci motivi ad andare avanti con i modi corretti.
Ecco i suggerimenti pratici.
- lo sguardo rivolto allo sguardo dell'interlocutore in modo non fisso, per non diventare sfidante, bensì mobile tra occhi, fronte e bocca;
- il volto rilassato, con un sorriso non forzato
- busto rivolto alla persona cui si parla
- spalle rilassate
- possibilmente i palmi delle mani in vista, poichè aumentano il senso di affidabilità
- postura stabile ed equilibrata, a 45° rispetto all'interlocutore, non esattamented i fronte a lui, se non lo conosciamo, per evitare che si senta braccato.
domenica 24 maggio 2015
IL RESPIRO: LA TUA PRATICA FONDAMENTALE
Alcuni
teorici della consapevolezza definiscono il respiro come “un bacio intimo dato al
momento presente”.
In realtà è
molto di più. E’ soprattutto il metodo naturale e perfettamente biologico con
cui sei in grado di regolare la mente e il corpo e di calmare il nucleo
reattivo del tuo cervello.
Fondamentalmente,
la respirazione diaframmatica attiva il tuo sistema personale di rilassamento,
una specie di impianto di aria condizionata del corpo e del cervello. In parole
povere respirare con la pancia preserva il cervello dal surriscaldamento.
Ecco, in tre
semplici punti, quali sono i vantaggi di questo tipo di respirazione:
- Respirare con la pancia permette ai polmoni di spingere il diaframma
- Il diaframma si estroflette e a sua volta comprime la cavità addominale
- L’addome compresso genera a sua volta pressione gonfiando la parete molle anteriore e esercitando una sollecitazione sulla spina dorsale, posteriormente.
In questo modo viene
premuto il più lungo dei nervi craniali, cioè il nervo vago, che scorre lungo
il tronco encefalico e la colonna vertebrale. Quando è sottoposto a questo tipo
di coinvolgimento, il nervo vago acquieta il corpo e attiva il sistema di
rilassamento fisiologico, regolando il sistema nervoso parasimpatico in modo da
aumentarne l’efficienza.
Quando il nervo vago viene sollecitato, lo scenario completo di ciò che accade è il seguente:
- Pressione sanguigna, frequenza cardiaca e respiratoria si abbassano
- Il sangue viene ripulito dal lattato che aumenta la sensazione di ansia
- Viene rilasciato il neurotrasmettitore serotonina (il 95% del quale è depositato nella zona ventrale e viscerale del corpo), che entra in circolo e si ritrova nel cervello in una trentina di secondi.
La letteratura scientifica mostra che sono sufficienti venti minuti di respirazione diaframmatica per attivare e ossigenare la parte più consapevole ed evoluta del tuo cervello, la corteccia prefrontale. Respiri, quindi pensi. Meglio respiri, meglio pensi. E più tranquillo sei.
La respirazione diaframmatica ottimale ha una frequenza di sei episodi al minuto, dunque un respiro ogni dieci secondi. Poiché l’inspirazione attiva il sistema nervoso simpatico o eccitatorio e l’espirazione il parasimpatico o rilassante, conviene mantenere un ritmo costante con circa quattro secondi per inspirare e sei per espirare. Un altro buon ritmo, più lento, su cui puoi allenarti è di sette secondi per l’inspirazione e undici per l’espirazione.
Se ti alleni in “tempo di pace” anche solo con una decina di minuti al giorno, in “tempo di guerra” ti sarà facile adottare questa strategia per calmarti. In altre parole: abituati a respirare con la pancia quando sei tranquillo per poi riuscirci senza difficoltà e con maggiori vantaggi anche quando sei agitato o in ansia.
sabato 23 maggio 2015
LA MINDFULNESS FUNZIONA COME UNA PSICOTERAPIA, ECCO PERCHE’.
Che la meditazione di consapevolezza, ormai protocollata a livello internazionale come mindfulness, abbia vigorosi effetti clinici è un’evidenza consolidata da centinaia di ricerche internazionali. Una delle ultime pubblicazioni, risalente al febbraio 2015, mostra come i gruppi di mindfulness abbiano la medesima efficacia della terapia cognitivo-comportamentale individuale sui pazienti con disturbi d’ansia e dell’umore. Lo studio, su 215 soggetti, è del prof. Jan Sundquist della Lund University Svedese.
Si tratta però di capire esattamente perché la mindfulness sia così efficace, cioè come funziona precisamente all’interno del cervello. David Creswell della Carnegie Mellon University – noto per aver mostrato che la meditazione allevia lo stress, e riduce il senso di solitudine negli anziani – ha sviluppato recentemente un modello che descrive l’azione della pratica sulle vie dello stress, evidenziando i correlati biologici del training di mindfulness.
Quando un soggetto è sotto stress, l’attività cerebrale nella zona prefrontale della corteccia – deputata al controllo e alla pianificazione – diminuisce, mentre l’attività dell’amigdala, dell’ipotalamo e della corteccia cingolata anteriore – zone di attivazione rapida della risposta fisiologica d’allarme – aumenta. La pratica della mindfulness inverte questo pattern sotto stress, aumentando l’attività prefrontale che, a sua volta, è in grado di regolare e spegnere la risposta d’allarme. Riducendo l’esperienza individuale di stress, la meditazione può aiutare a regolare stabilmente la risposta fisiologica e quindi a ridurre il rischio e la gravità dei disturbi stress-correlati.
Si tratta però di capire esattamente perché la mindfulness sia così efficace, cioè come funziona precisamente all’interno del cervello. David Creswell della Carnegie Mellon University – noto per aver mostrato che la meditazione allevia lo stress, e riduce il senso di solitudine negli anziani – ha sviluppato recentemente un modello che descrive l’azione della pratica sulle vie dello stress, evidenziando i correlati biologici del training di mindfulness.
Quando un soggetto è sotto stress, l’attività cerebrale nella zona prefrontale della corteccia – deputata al controllo e alla pianificazione – diminuisce, mentre l’attività dell’amigdala, dell’ipotalamo e della corteccia cingolata anteriore – zone di attivazione rapida della risposta fisiologica d’allarme – aumenta. La pratica della mindfulness inverte questo pattern sotto stress, aumentando l’attività prefrontale che, a sua volta, è in grado di regolare e spegnere la risposta d’allarme. Riducendo l’esperienza individuale di stress, la meditazione può aiutare a regolare stabilmente la risposta fisiologica e quindi a ridurre il rischio e la gravità dei disturbi stress-correlati.
I VIDEOGAME SONO UN FATTORE DI RISCHIO PER L’ALZHEIMER?
Entro i 21 anni di età chi gioca con i videogame ha speso almeno 10mila ore davanti allo schermo: un training piuttosto intenso, se consideriamo l’attività videoludica sotto il punto di vista neuropsicologico. Gli effetti di questa attività così intensa e ripetuta cominciano a essere studiati soltanto in questi ultimi anni. Una ricerca recentemente pubblicata dai team di Gregory West (Università di Montreal) e Véronique Bohbot (McGill University) evidenzia che il cervello dei videogamers mostra una notevole efficienza in termini di attenzione visiva, ma anche che le strategie di orientamento e scelta dei medesimi soggetti sono dettate più dai centri dopaminergici di ricompensa, detti anche centri del piacere (nucleo caudato) e meno dal sistema di memoria spaziale “ufficiale” (ippocampo). Questo significa allo stesso tempo che chi videogioca molto e a lungo sollecita maggiormente le aree cerebrali connesse alle dipendenze e alla gratificazione immediata, mentre tende a usare meno l’ippocampo, risultanza associabile a un’ipotesi di aumento di rischio di disturbi neurologici come il morbo di Alzheimer. Sui centri del piacere si è già concentrata molta della ricerca attuale: è auspicio dei team coinvolti in questo studio che prossime pubblicazioni siano specificamente rivolte all’investigazione del ruolo dell’ippocampo.
WIRED RIPRENDE LA RICERCA PERSONOLOGICA SUL BDSM.
A questo link è possibile leggere l'articolo di Ayzad con l'intervista che approfondisce i risultati della ricerca invernale condotta nel mondo del BDSM e pubblicata in esclusiva per il Venerdì di Repubblica nel mese di febbraio.
mercoledì 4 marzo 2015
BDSM: LE SFUMATURE DI CHI GIOCA SADOMASO
Una studentessa ventunenne, semplice e
inesperta, si innamora di un giovane uomo ricco, bello e potente che le fa
scoprire una sessualità estrema basata sulla dominazione. Questa è, in sintesi,
la trama del tanto discusso libro (e ora film) “Cinquanta sfumature di grigio”:
una storia un po’ banale e molto voyeuristica a base di sesso kinky, cioè non convenzionale,
annacquato da litri di romanticismo iperconvenzionale. La trilogia di sfumature
ha venduto più di cento milioni di copie in trentasette paesi: cosa attrae così
tanto delle gesta di Christian Grey e Anastasia Steele, i due protagonisti? Una
sessualità che trasgredisce senza uscire dall’alveo della concezione
tradizionalista di amore e famiglia. La scelta di sdoganare e rendere pop il BDSM (acronimo che sta per
Bondage, Disciplina, Dominazione, Sottomissione, Sadismo e Masochismo) sembra
una manovra perfetta per una società liquida - come direbbe il filosofo polacco
Bauman - in cui le relazioni hanno forme poco durevoli e confini mutevoli. E’
una questione di accento storico: non più legàmi ma lègami, insomma.
Corde, fruste, gabbie, umiliazioni,
torture consensuali: sono comportamenti di nicchia o fenomeni di massa,
disturbi psichici o semplici giochi erotici? E chi apprezza queste pratiche?
Chi sono e come funzionano, in altre parole, i cultori del BDSM attivi in
Italia? Difficile dire con certezza quanti siano, innanzitutto: non esistono
dati certi a disposizione ma gli esperti del settore stimano che si tratti di
quattro milioni di individui, tra praticanti esclusivi e saltuari. La storia
della psicologia risponde in modo diverso a quelle domande, a seconda
dell’epoca, e passa dal considerare tutti i comportamenti sessuali non
convenzionali come “malati”, al normalizzarli ampiamente. Nel 1886 Richard von
Krafft-Ebing sistematizza le anomalie sessuali nel volume “Psychopatia
sexualis” e introduce sadismo e masochismo. Nel 1905 Freud definisce perversioni gli atti sessuali che si
concentrano su oggetti diversi dagli organi riproduttivi e, anche se negli anni
‘20 comincia a diffondersi il termine parafilia,
l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo adotta soltanto nel 1980: prima, dal
1952, preferisce la dicitura deviazione
sessuale. Oggi il DSM 5, l’ultima edizione del manuale diagnostico universalmente
adottato in psichiatria, parla di disturbi
parafilici, ne individua otto (voyeuristico, esibizionistico, frotteuristico,
da masochismo sessuale, da sadismo sessuale, pedofilico, feticistico, da
travestitismo) e indica come criteri per considerare gli agiti sessuali veri e
propri disturbi la persistenza per almeno sei mesi del comportamento, il
disagio o la compromissione del funzionamento in ambito sociale o lavorativo,
l’eventuale ruolo non consenziente della controparte. Eppure da trent’anni è in
corso, nella letteratura scientifica, una progressiva normalizzazione delle
pratiche erotiche non convenzionali, giudicate come neosessualità fantasiosa e sana se priva di compulsioni (Mc
Dougall, 1986), semplice variazione del menage
di coppia (Gabbard, 1994), perversioni soft in alternativa alla routine
(Pasini, 2009). Ricerche recenti affermano inoltre che i praticanti BDSM
esperti hanno profonda fiducia e consapevolezza del corpo (Powell, 2011),
ottengono risultati migliori della norma negli stress-test (Richters, 2008),
sono meno sessisti (Simula, 2013), più estroversi e meno sensibili al rifiuto e
all’abbandono (Wismejer, 2013).
Negli ultimi cinque mesi abbiamo condotto
una ricerca sul campo, frequentando gli eventi e le serate BDSM milanesi, appuntamenti
di solito mensili che attraggono cultori del genere da tutto il nord Italia. Per
un bilanciamento geografico ci siamo introdotti nei gruppi di discussione on
line, e nelle pagine tematiche su Facebook. Abbiamo dunque selezionato attraverso
contatti diretti e individuali un campione di 120 reali praticanti, escludendo
le persone solamente curiose o alla prima esperienza: 70 maschi e 50 femmine,
dai 19 ai 65 anni. Il 41% di loro ha tra i 40 e i 50 anni; uno su tre è
laureato; sette su dieci sono eterosessuali, il 29% è bisessuale, soltanto l’1%
è esclusivamnte omosessuale; la maggioranza (40%) è composta da persone che
partecipano alle pratiche nel ruolo di sottomessi o schiavi, seguono i
dominanti o master/mistress (32%) e gli switch (28%), che assumono entrambi i
ruoli a seconda della situazione o del partner. Il 46% pratica BDSM alla pari
con una sessualità convenzionale, il 44% prevalentemente BDSM, il 6% in
esclusiva, il restante 4% soltanto occasionalmente. A tutti abbiamo
somministrato una batteria di test (Experiences
in Close Relationships-Revised, Big
Five Questionnaire e Millon Clinical
Multiaxial Inventory - III) in grado di misurare lo stile affettivo delle relazioni (secondo
le dimensioni di ansia ed evitamento, che descrivono l’attaccamento), le
caratteristiche di personalità (energia, amicalità, coscienziosità, stabilità
emotiva, apertura mentale) e gli eventuali quadri di interesse clinico presenti
nel campione (sindromi cliniche e pattern di personalità patologica).
Per quel che concerne i costrutti
riguardanti le relazioni, non ci sono differenze significative tra chi pratica
BDSM e la popolazione generale in merito all’ansia da abbandono, mentre il
livello di evitamento della vicinanza è notevolmente più elevato (+26%) ed è
correlato al ruolo: i soggetti dominanti sono più evitanti dei sottomessi e
degli switch. A livello di caratteristiche di personalità, i praticanti BDSM
sono significativamente meno amichevoli della media della popolazione ma più
aperti mentalmente (specie gli over 50) mentre hanno valori nella norma per
energia, coscienziosità e stabilità emotiva. Osservando i sottocampioni, i
soggetti dominanti risultano più stabili emotivamente rispetto agli altri, e le
femmine meno amichevoli dei maschi.
A livello clinico si rileva un pattern di
personalità narcisistica significativamente superiore alla media della
popolazione generale: quasi il 50% manifesta punteggi sopra soglia (di questi
il 71% richiederebbe approfondimenti diagnostici). Si tratta in parole povere
di individui che spesso manifestano arroganza, simulano impassibilità ma in
realtà si sentono facilmente feriti, si ritengono oggetto d’ammirazione
indiscriminata, hanno scarsa empatia e tendono a strumentalizzare gli altri.
I ruoli di dominanza o sottomissione
rivestiti durante la pratica BDSM non sono connessi alle analoghe tendenze
patologiche di personalità: il punteggio del pattern masochistico rilevato dal
test - descritto come un profilo deferente, castigato, esageratamente lamentoso
- è significativamente inferiore alla media, e il pattern sadico-aggressivo –
un soggetto brusco, sprezzante, rigido, ostile - è nella norma. Insomma chi fa
sadomaso non risulta patologicamente né sado né maso.
Infine gli indici relativi alle sindromi
cliniche di ansia e distimia (tristezza) sono significativamente inferiori
rispetto alla media.
In sintesi si può affermare che chi
pratica BDSM è un individuo meno ansioso e meno triste dell’uomo medio, non
risulta particolarmente amichevole però è di larghe vedute e fortemente
curioso, ha una personalità spiccatamente narcisistica, è a caccia di
un’identità più integrata, necessita di attenzioni notevoli da parte degli
altri pur dovendo mantenere emotivamente le distanze per evitare una sensazione
di invasione o di ulteriore disgregazione. Tutto questo secondo infinite
sfumature, non necessariamente di grigio, che vanno dal perfettamente sano al
francamente patologico, lungo un continuum all’interno del quale ogni soggetto
fa storia a sé.
Iscriviti a:
Post (Atom)